Dieci e undici agosto. Ormai accumulo ritardo, questo diario sta diventando come un treno italiano.
Ieri di notevole c'è stato il compleanno di mia figlia, la più piccola. Diciotto, è maggiorenne anche lei.
Festa in casa con band del suo fidanzato. Sveglia alle sei per cucinare e allestire. Mi sono alzata, mi sono mossa in silenzio, il cane e il gatto che di solito vengono a svegliarmi, mi sono venuti incontro con lo stupore sui musi, ma lo sai che ore sono? sembrava proprio me lo chiedessero. Il cane, quando ha capito che mi stavo preparando il caffè e la giornata stava cominciando non si è più interrogato sulla straordinarietà dell'orario e ha cominciato la solita danza del cibo. Erano le sei? Tanto meglio, avrebbe mangiato prima. Invece il gatto ha fatto una smorfia davanti alla sua scodella piena a quell'ora insolita, è uscito ed è tornato alle sette per mangiare.
La sera davanti alla tavola imbandita con i piatti che avevo cucinato, ne consideravo il carattere multiculturale: sangria spagnola, riso ebraico, hummus palestinese, insalata greca, pizza italiana. Tutti paesi con una crisi, più o meno grande.
Una torta soffice, semplice e tradizionale, di una pasticceria genovese, la preferita della festeggiata.
Il numero diciotto ricamato con il cioccolato su una superficie di pasta di mandorle.
Ora che avete tutti 18 anni, ho detto stamattina, posso fare quello che voglio.
Un'amica più anziana di me, madre di tre figli ormai molto grandi, una volta mi ha detto: quando ho realizzato che i miei figli se la sarebbero comunque cavata senza di me, mi sono sentita libera e più forte.
Di notevole ieri c'era il sorriso felice di mia figlia, che a un certo punto della giornata è sparita ed è ricomparsa con un mazzo di fiori per ringraziarmi della festa che le stavo preparando.
Di notevole oggi ci sono le riflessioni sul mio futuro di madre di figli maggiorenni.
sabato 11 agosto 2012
giovedì 9 agosto 2012
DIARIO D'AGOSTO 9
Nove agosto. La mezzanotte è passata da un pezzo, siamo già al dieci. Una giornata di preparativi per il compleanno di mia figlia. Diciotto anni.
I miei diciotto, li festeggiai con un abito lungo e balli lenti, senza torta di compleanno, con l'originalità di tante coppette di gelato alla frutta disposte a formare una torta. Una candelina simbolica sulla sommità di un gelato ai mirtilli.
Ci avevo pensato a lungo: festeggio? non festeggio? Ci ho pensato per mesi poi, quell'anno, mi sono fidanzata a gennaio e ad aprile ero ancora felice così decisi: festa!
Però le candeline no, quel rito sempre uguale e le canzoncine stonate, mi immalinconivano.
Del resto il giorno del compleanno ho la tendenza a non trascurare una vena di tristezza che corre sottopelle già qualche giorno prima e poi affiora, anche negli anni più fortunati e sereni.
Qualcuno mi ha detto che accade a chi è nato con un parto difficile. Sarà..., in effetti è così, parto difficile, anzi difficilissimo, divenuto leggendario nelle memorie familiari.
Da adulta ho cominciato a concedermi o ad accettare le candeline, feste di solito non ne faccio, preferisco una cena in famiglia, preferibilmente che non sia io a preparare.
I miei diciotto, li festeggiai con un abito lungo e balli lenti, senza torta di compleanno, con l'originalità di tante coppette di gelato alla frutta disposte a formare una torta. Una candelina simbolica sulla sommità di un gelato ai mirtilli.
Ci avevo pensato a lungo: festeggio? non festeggio? Ci ho pensato per mesi poi, quell'anno, mi sono fidanzata a gennaio e ad aprile ero ancora felice così decisi: festa!
Però le candeline no, quel rito sempre uguale e le canzoncine stonate, mi immalinconivano.
Del resto il giorno del compleanno ho la tendenza a non trascurare una vena di tristezza che corre sottopelle già qualche giorno prima e poi affiora, anche negli anni più fortunati e sereni.
Qualcuno mi ha detto che accade a chi è nato con un parto difficile. Sarà..., in effetti è così, parto difficile, anzi difficilissimo, divenuto leggendario nelle memorie familiari.
Da adulta ho cominciato a concedermi o ad accettare le candeline, feste di solito non ne faccio, preferisco una cena in famiglia, preferibilmente che non sia io a preparare.
mercoledì 8 agosto 2012
DIARIO D'AGOSTO 8
Otto agosto. Afa e sete. Sciroppo di rose. Si fa qui, a Genova e anche in Bulgaria.
Lo faceva mia nonna, lo fa ancora qualche volta mia madre, devo assolutamente farlo anch'io perchè non si perda la tradizione.
D'inverno, viene distribuito ai calciatori nell'intervallo, caldo, corroborante. D'estate si serve con acqua fredda e un cubetto di ghiaccio. Già il colore rinfresca e tonifica, rubino, più chiaro e trasparente del rosso dello sciroppo d'amarena.
Ora lo si trova anche prodotto industrialmente ma è quello artigianale che bisogna cercare. Imparagonabili.
Mia nonna non apprezzava i fiori recisi, soldi buttati diceva. Quando l'ultima figlia rimasta in casa con lei si fidanzò con un giovanotto gentile e comandante di superpetroliere, lei invitò il futuro genero a cena. Lui si fece precedere da un suntuoso mazzo di rose. Al suo arrivo non vide i fiori in nessun angolo della casa e pensò che il fiorista non avesse reso il servizio richiesto, del resto mia nonna non lo aveva ringraziato. Un po' a disagio, il giorno dopo domandò a mia zia se il mazzo di fiori fosse arrivato altrimenti avrebbe protestato col fiorista. Più a disagio di lui mia zia rivelò che la nonna aveva trasformato le rose in sciroppo. Subito, appena arrivate perché erano al punto giusto. Anche lui entro breve tempo avrebbe avuto la sua bottiglietta. Il grazie di mia nonna.
Lo faceva mia nonna, lo fa ancora qualche volta mia madre, devo assolutamente farlo anch'io perchè non si perda la tradizione.
D'inverno, viene distribuito ai calciatori nell'intervallo, caldo, corroborante. D'estate si serve con acqua fredda e un cubetto di ghiaccio. Già il colore rinfresca e tonifica, rubino, più chiaro e trasparente del rosso dello sciroppo d'amarena.
Ora lo si trova anche prodotto industrialmente ma è quello artigianale che bisogna cercare. Imparagonabili.
Mia nonna non apprezzava i fiori recisi, soldi buttati diceva. Quando l'ultima figlia rimasta in casa con lei si fidanzò con un giovanotto gentile e comandante di superpetroliere, lei invitò il futuro genero a cena. Lui si fece precedere da un suntuoso mazzo di rose. Al suo arrivo non vide i fiori in nessun angolo della casa e pensò che il fiorista non avesse reso il servizio richiesto, del resto mia nonna non lo aveva ringraziato. Un po' a disagio, il giorno dopo domandò a mia zia se il mazzo di fiori fosse arrivato altrimenti avrebbe protestato col fiorista. Più a disagio di lui mia zia rivelò che la nonna aveva trasformato le rose in sciroppo. Subito, appena arrivate perché erano al punto giusto. Anche lui entro breve tempo avrebbe avuto la sua bottiglietta. Il grazie di mia nonna.
martedì 7 agosto 2012
DIARIO D'AGOSTO 7
Sette agosto. Alle nove del mattino salivo stancamente le scale dell'Accademia di Belle Arti. Quinto piano. Ormai da parecchi anni c'è l'ascensore, non sempre mi piace prenderlo, è un ascensore tutto chiuso, lento e - dato inquietante - si ferma sovente al quarto piano senza che nessuno l'abbia chiamato, almeno questo è quel che sembra infatti le porte si aprono sul nulla. Al quarto piano non ci sono uffici o aule, un ballatoio e la porta di una toilette.
Stamattina sono andata a piedi, ero in anticipo e non avevo fretta di arrivare a un'altra assemblea senza novità confortanti.
Di settimana in settimana siamo sempre meno, qualcuno riesce a andare in ferie, qualcuno si stanca di venire. Anche noi abbiamo la nostra crisi, condividiamo con altri pezzi di città una situazione difficile.
Lo schema è sempre lo stesso: aggiornamento, proposte, discussione. Chi sa d'essere incline all'intervento appassionato si organizza con una bottiglietta d'acqua, i più nervosi si alzano di continuo per andare a fumare. Il caffè è sconsigliato. Finestre aperte per creare corrente, uomini in sandali francescani, di cuoio, donne con i ventagli. Le assemblee d'agosto sono faticose.
Vorrei proporre uno sciopero della fame, mi censuro, troppo estremo e anche fuori moda.
Vorrei proporre una performance collettiva, mi censuro, inutile per mancanza di pubblico, è agosto e anche troppo caldo per mettere in gioco corpo e mente con certezza di risultato.
Vorrei proporre una manifestazione dura e partecipata, mi censuro quando, guardandomi intorno, mi rendo conto che non siamo abbastanza.
Propongo un documento, soluzione tradizionale e scontata, proposta accolta ma lo faremo la prossima volta, prima aspettiamo che succeda una certa cosa, poi che arrivi una certa informazione. Giusto.
Rimaniamo a lungo in silenzio intorno al grande tavolo.
" Allora, cosa prepariamo?" chiede una collega.
" Du spaghetti?" rispondo senza riuscire a censurarmi in tempo.
Ridiamo, meno male che ridere non costa e possiamo ridere anche senza stipendio, anche se non c'è proprio niente da ridere.
Mi viene in mente un'estate più di vent'anni fa, due bidelli avevano cucinato su un fornelletto da campeggio e avevamo allestito una tavolata nel corridoio. Un pranzo tutti insieme, prima delle ferie, un pranzo dopo un anno difficile di proteste e occupazione. Il tavolo apparecchiato nel corridoio senza studenti offriva un'immagine surreale, una possibilità altra per quello spazio.
Un professore aveva scattato delle fotografie. Ogni tanto mi capitano tra le mani, mi fanno allegria. Eravamo tutti giovani e perfino belli.
Stamattina sono andata a piedi, ero in anticipo e non avevo fretta di arrivare a un'altra assemblea senza novità confortanti.
Di settimana in settimana siamo sempre meno, qualcuno riesce a andare in ferie, qualcuno si stanca di venire. Anche noi abbiamo la nostra crisi, condividiamo con altri pezzi di città una situazione difficile.
Lo schema è sempre lo stesso: aggiornamento, proposte, discussione. Chi sa d'essere incline all'intervento appassionato si organizza con una bottiglietta d'acqua, i più nervosi si alzano di continuo per andare a fumare. Il caffè è sconsigliato. Finestre aperte per creare corrente, uomini in sandali francescani, di cuoio, donne con i ventagli. Le assemblee d'agosto sono faticose.
Vorrei proporre uno sciopero della fame, mi censuro, troppo estremo e anche fuori moda.
Vorrei proporre una performance collettiva, mi censuro, inutile per mancanza di pubblico, è agosto e anche troppo caldo per mettere in gioco corpo e mente con certezza di risultato.
Vorrei proporre una manifestazione dura e partecipata, mi censuro quando, guardandomi intorno, mi rendo conto che non siamo abbastanza.
Propongo un documento, soluzione tradizionale e scontata, proposta accolta ma lo faremo la prossima volta, prima aspettiamo che succeda una certa cosa, poi che arrivi una certa informazione. Giusto.
Rimaniamo a lungo in silenzio intorno al grande tavolo.
" Allora, cosa prepariamo?" chiede una collega.
" Du spaghetti?" rispondo senza riuscire a censurarmi in tempo.
Ridiamo, meno male che ridere non costa e possiamo ridere anche senza stipendio, anche se non c'è proprio niente da ridere.
Mi viene in mente un'estate più di vent'anni fa, due bidelli avevano cucinato su un fornelletto da campeggio e avevamo allestito una tavolata nel corridoio. Un pranzo tutti insieme, prima delle ferie, un pranzo dopo un anno difficile di proteste e occupazione. Il tavolo apparecchiato nel corridoio senza studenti offriva un'immagine surreale, una possibilità altra per quello spazio.
Un professore aveva scattato delle fotografie. Ogni tanto mi capitano tra le mani, mi fanno allegria. Eravamo tutti giovani e perfino belli.
lunedì 6 agosto 2012
DIARIO D'AGOSTO 6
Sei agosto. Scrivo che è già il sette agosto. Cena da amici in una casa con muri colorati, sedie colorate, piatti colorati. Il colore ci aiuta.
Una volta un produttore di tinte per interni mi ha detto che nei periodi di crisi si vendono più tinte da muri, la gente, diceva, non va in vacanza ma ridipinge le pareti della casa, non può cambiare casa e rinnova quella che ha.
Anch'io ho una casa colorata, ogni stanza un colore, da quasi dieci anni e non mi sono ancora stancata, nessun rimpianto per il bianco. Ho avuto anch'io il mio momento di bianco assoluto ma nel colore sto meglio. L'ho scoperto nel tempo e la maturità. A trent'anni avevo case bianche e vestivo di nero minimalista, a quaranta ho cominciato a combinare il viola con i verdi, i rosa, perfino alcune tonalità di azzurro.
A oltre cinquanta mi riconcilio col rosso. Forse sento di saperne reggere la forza.
Mi vengono in mente gli abiti rossi di Marina Abramovic. E' la parola forza che mi ha fatto pensare a lei.
Nelle cene estive con gli amici si parla sempre anche di crisi, in un libro di Paolo Nori, La matematica è scolpita nel granito, leggevo ieri che in cinese la parola crisi e la parola opportunità si scrivono nello stesso modo. Nori scrive anche che è una cosa risaputa, io però non l'ho sapevo così ho sottolineato la frase.
Crisi e opportunità. Un po' di tempo fa una persona che conosco dopo una grave malattia ha cambiato tutto della sua vita e mi ha detto la malattia per me è stata un'opportunità.
Quali opportunità ci offre la crisi che stiamo vivendo?
Tinteggiare una stanza di un colore acceso.
Tingere un abito bianco in casa, con le tinte che si usano in lavatrice. Tingerlo di rosso.
Per ricominciare.
Una volta un produttore di tinte per interni mi ha detto che nei periodi di crisi si vendono più tinte da muri, la gente, diceva, non va in vacanza ma ridipinge le pareti della casa, non può cambiare casa e rinnova quella che ha.
Anch'io ho una casa colorata, ogni stanza un colore, da quasi dieci anni e non mi sono ancora stancata, nessun rimpianto per il bianco. Ho avuto anch'io il mio momento di bianco assoluto ma nel colore sto meglio. L'ho scoperto nel tempo e la maturità. A trent'anni avevo case bianche e vestivo di nero minimalista, a quaranta ho cominciato a combinare il viola con i verdi, i rosa, perfino alcune tonalità di azzurro.
A oltre cinquanta mi riconcilio col rosso. Forse sento di saperne reggere la forza.
Mi vengono in mente gli abiti rossi di Marina Abramovic. E' la parola forza che mi ha fatto pensare a lei.
Nelle cene estive con gli amici si parla sempre anche di crisi, in un libro di Paolo Nori, La matematica è scolpita nel granito, leggevo ieri che in cinese la parola crisi e la parola opportunità si scrivono nello stesso modo. Nori scrive anche che è una cosa risaputa, io però non l'ho sapevo così ho sottolineato la frase.
Crisi e opportunità. Un po' di tempo fa una persona che conosco dopo una grave malattia ha cambiato tutto della sua vita e mi ha detto la malattia per me è stata un'opportunità.
Quali opportunità ci offre la crisi che stiamo vivendo?
Tinteggiare una stanza di un colore acceso.
Tingere un abito bianco in casa, con le tinte che si usano in lavatrice. Tingerlo di rosso.
Per ricominciare.
domenica 5 agosto 2012
DIARIO D'AGOSTO 5
Cinque agosto. Passeggiata romantica con mio marito, al supermercato. Avete letto bene e non ironizzo. Il nostro amore, dice lui, è nato al supermercato. Non è proprio così, il nostro amore è nato mentre crollavano le torri gemelle ma, questa cosa, la racconterò un'altra volta. Il supermercato però è stata una cornice abituale i primi tempi della nostra storia, io avevo tre figli tra i sette e i diciotto anni, lavoravo, correvo sempre e rallentavo il passo solo mentre facevo la spesa, almeno quel tanto per pensare a cosa cucinare e rendermi conto di cosa stessi comprando.
Capitava che lui mi accompagnasse almeno per vedermi, parlarmi perché, i primi tempi, ero anche in libertà vigilata, i miei figli ci tenevano che non facessi brutti incontri.
Il venerdì non avevo lezione, salivo su un bus e raggiungevo il paesino della riviera dove abitava, bagaglio leggero, niente sacchetti della spesa, ero invitata, non mi capitava spesso in quel periodo ma, dopo aver incontrato lui, ecco che capitava tutti i venerdì. Sotto casa sua sentivo già il profumo di cibo, riso indonesiano, pesce, un dolce con l'uvetta, vino fresco e leggero, tutto accompagnato da musica jazz.
Non ci ho pensato su molto. Ho chiesto la sua mano.
Capitava che lui mi accompagnasse almeno per vedermi, parlarmi perché, i primi tempi, ero anche in libertà vigilata, i miei figli ci tenevano che non facessi brutti incontri.
Il venerdì non avevo lezione, salivo su un bus e raggiungevo il paesino della riviera dove abitava, bagaglio leggero, niente sacchetti della spesa, ero invitata, non mi capitava spesso in quel periodo ma, dopo aver incontrato lui, ecco che capitava tutti i venerdì. Sotto casa sua sentivo già il profumo di cibo, riso indonesiano, pesce, un dolce con l'uvetta, vino fresco e leggero, tutto accompagnato da musica jazz.
Non ci ho pensato su molto. Ho chiesto la sua mano.
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