martedì 7 agosto 2012

DIARIO D'AGOSTO 7

Sette agosto. Alle nove del mattino salivo stancamente le scale dell'Accademia di Belle Arti. Quinto piano. Ormai da parecchi anni c'è l'ascensore, non sempre mi piace prenderlo, è un ascensore tutto chiuso, lento e - dato inquietante - si ferma sovente al quarto piano senza che nessuno l'abbia chiamato, almeno questo è quel che sembra infatti le porte si aprono sul nulla. Al quarto piano non ci sono uffici o aule, un ballatoio e la porta di una toilette.
Stamattina sono andata a piedi, ero in anticipo e non avevo fretta di arrivare a un'altra assemblea senza novità confortanti.
Di settimana in settimana siamo sempre meno, qualcuno riesce a andare in ferie, qualcuno si stanca di venire. Anche noi abbiamo la nostra crisi, condividiamo con altri pezzi di città una situazione difficile.
Lo schema è sempre lo stesso: aggiornamento, proposte, discussione. Chi sa d'essere incline all'intervento appassionato si organizza con una bottiglietta d'acqua, i più nervosi si alzano di continuo per andare a fumare. Il caffè è sconsigliato. Finestre aperte per creare corrente, uomini in sandali francescani, di cuoio, donne con i ventagli. Le assemblee d'agosto sono faticose.
Vorrei proporre uno sciopero della fame, mi censuro, troppo estremo e anche fuori moda.
Vorrei proporre una performance collettiva, mi censuro, inutile per mancanza di pubblico, è agosto e anche troppo caldo per mettere in gioco corpo e mente con certezza di risultato.
Vorrei proporre una manifestazione dura e partecipata, mi censuro quando, guardandomi intorno, mi rendo conto che non siamo abbastanza.
Propongo un documento, soluzione tradizionale e scontata, proposta accolta ma lo faremo la prossima volta, prima aspettiamo che succeda una certa cosa, poi che arrivi una certa informazione. Giusto.
Rimaniamo a lungo in silenzio intorno al grande tavolo.
" Allora, cosa prepariamo?" chiede una collega.
" Du spaghetti?" rispondo senza riuscire a censurarmi in tempo.
Ridiamo, meno male che ridere non costa e possiamo ridere anche senza stipendio, anche se non c'è proprio niente da ridere.
Mi viene in mente un'estate più di vent'anni fa, due bidelli avevano cucinato su un fornelletto da campeggio e avevamo allestito una tavolata nel corridoio. Un pranzo tutti insieme, prima delle ferie, un pranzo dopo un anno difficile di proteste e occupazione. Il tavolo apparecchiato nel corridoio senza studenti offriva un'immagine surreale, una possibilità altra per quello spazio.
Un professore aveva scattato delle fotografie. Ogni tanto mi capitano tra le mani, mi fanno allegria. Eravamo tutti giovani e perfino belli.


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