giovedì 7 giugno 2012

VUOTO E PIENO

Poche ore fa ero insieme a tante altre persone a salutare un'amica, sorella di un'amica per me importante.
Ero ferma in un punto, sotto le volte a crociera della galleria di un cimitero, avevo già abbracciato la mia amica, la guardavo da lontano, guardavo la fila di persone che aspettavano di sfiorarla, di regalarle una parola, io non dico mai niente in queste situazioni, ripasso mentalmente quello che vorrei dire poi, quando sono di fronte al dolore, le parole si svuotano come i pensieri e regalo il mio vuoto, il vuoto che si è creato dentro di me casomai fosse possibile accogliere un po' di quel dolore, sollevare chi lo sta portando, invece no, non è mai possibile.
Ho trovato una posizione, i piedi a terra, la borsa pesante di libri su una spalla, monitoravo peso e pesi, forza di gravità e pressione, sentire d'esserci nonostante quel vuoto dentro.
A un certo punto la mia attenzione ha cominciato a essere catturata da dettagli insignificanti, irritanti, persino ridicoli: il marmo di gradini e colonne sporco e grigio, senza più nemmeno il ricordo del bianco.  i fiori di plastica a mazzetti appesi ai loculi, l'unghia smaltata di un alluce che sporgeva da un sandalo di una donna a pochi passi da me, un bidone di plastica nera vuoto che tutti spostavano per passare e nessuno rimetteva a posto, ormai era distante almeno tre metri da dove era in origine. Dovrebbero proibirli, i fiori di plastica.
I particolari irritanti sono come il peso, sono la forza di gravità che, in certi momenti, ci permette di ancorarci alla vita.
Poi ho visto i bambini, gli alunni della scuola sono arrivati in fila, ciascuno con una rosa bianca in mano, le maestre, le mamme, i papà erano di lato, sembravano dicessero non spaventatevi, siamo qui. Ma loro ce l'hanno fatta, hanno salutato, hanno posato la loro rosa, si sono guardati intorno, solo uno è scoppiato a piangere, ed era il più grande e grosso, com'è giusto, come sempre nella vita. E una bambina osservava tutto compunta, con gli occhi a spillo. Secondo me anche lei si riempiva lo sguardo di dettagli irritanti così non le veniva da piangere ma solo una specie di rabbia.
Quando sono uscita ho riacceso il cellulare, c'era il messaggio di un amica, una piccola foto di un bimbo, il suo nipotino, nato pochi minuti prima. Il vuoto si è colmato e ho visto da lontano una bimba esile che correva via con la rosa bianca in mano, forse aveva dimenticato di posarla o non aveva voluto perderla, almeno la rosa.  per non rimanere a mani vuote.