E' incominciata la stagione del giardino. E' un tempo di speranze. Pulisco il giardino, lo aiuto a scrollarsi l'inverno di dosso, gli affido nuove piante, divento premurosa. Il mio giardino è uno spazio paziente, sopporta la mia passione per le tribù, per le contaminazioni e le differenze, sopporta il mio horror vacui e accoglie l'acero vicino alla mimosa, il ciliegio poco distante da un arancio che è poco distante da un limone e da un kunquat e da un alberello di rose..... Le new entry di questo inizio di stagione sono un prugno, due piante di rose ( una è la rosa bruna da sciroppo!), lavanda e altre piccole piante per gli anfratti, gli angoli, le fessure. Scendo in giardino da una scaletta di tre o quattro gradini, al mattino quando apro le finestre o la sera prima di chiudere, mi piace soffermarmi, lasciar correre lo sguardo da una pianta all'altra, di colore in colore, i verdi, tanti e diversi, il rosa della fucsia, il lilla dell'ortensia, il viola della lavanda, il giallo delle margherite, il bianco delle rose.
Descritto così sembra un giardino da rivista, no, è un giardino improbabile per gli accostamenti e piuttosto disastrato per le scorribande del nostro cane, 40 chili di golden retrivier , un fanatico del lancio della pallina.
Quest'anno ho sperimentato il compostaggio con tanto di compostiera ritirata presso l'AMIU, ho concimato col primo concime prodotto con i rifiuti del giardino stesso e della cucina ( foglie, rametti, bucce di frutta, avanzi di verdura, gusci d'uovo, fondi di the e di caffè). Ora è un giardino sostenibile. La presenza del cane e di diversi gatti mi impedisce di tenere una piccola zona a orto però mi arrangio con microcoltivazioni in vaso: maggiorana, rosmarino,salvia, prezzemolo, fragole,spinacetti,fagiolini nani.
E poi...c'è un grande ciliegio, vecchio e contorto che ogni anno regala a noi e a una colonia di uccelli famelici e chiassosi un bel po' di frutti. Il ciliegio è anche la base aerea del nostro gatto rosso.
La stagione del giardino è piena di promesse, di amici, di chiacchiere, di libri letti all'ombra del ciliegio, della prima pagina della storia che ho in testa e che presto comincerò a scrivere.
sabato 7 maggio 2011
domenica 1 maggio 2011
S come SOGNO e come SGOMENTO
Insegno da ventisei anni. Lavorare con i giovani, per i giovani è un privilegio perchè si semina sapendo che saranno loro a raccogliere e , quindi, il nostro lavoro vivrà ancora un po', nel futuro, perchè si ha la possibilità di essere a contatto con il cambiamento, i costumi e le mode, la famiglia e l'amore, le tecnologie, i sogni. Ecco...i sogni. In ventisei anni il sogno comune a tutti i giovani che ho conosciuto all'Accademia di Belle Arti era riuscire a fare un lavoro che appassiona e coinvolge, quello per cui si è studiato, quello per cui i genitori hanno investito del denaro, quello per cui si è lottato contro la famiglia che non capiva, quello per cui ci si è spostati da una cittadina di provincia o da un paese in città, quello per cui si è fatto il cameriere o la baby sitter o il bagnino per pagarsi la stanza fuori sede o comprarsi materiali e attrezzature....Non è facile nè così frequente realizzare i sogni e qualcuno finiva inevitabilmente per fare un altro mestiere, quello che capitava, con un sospiro di rimpianto certo ma con uno stipendio che consentiva di metter su casa, di far famiglia.
Capita che gli ex studenti mi vengano a trovare, capita di incontrarli per strada, con alcuni di loro ho mantenuto un rapporto di amicizia. Chi è più contento, chi più scontento, chi ha figli, chi no, alcuni sono liberi professionisti, altri sono precari...scrivo queste cose e ho in testa volti, situazioni, persone precise.
Da due o tre anni la situazione è cambiata, non solo per i miei studenti, anche per tanti altri studenti che conosco che hanno seguito diversi percorsi di formazione. La parola che mi viene in mente è sgomento.
Vengono e sono sgomenti: non c'è lavoro se non occasionale, non c'è possibilità di previsione. Qualcuno si chiede: rinunciare al sogno o perseverare? La crisi quanto durerà?
Se e quando la crisi finirà i giovani che non sono riusciti a dare continuità alle loro esperienze lavorative in questo periodo, avranno un buco nel curriculum e saranno svantaggiati rispetto ai nuovi laureati, freschi di studi. Se la crisi avrà una lunga durata sarà quasi una generazione ad essere danneggiata.
Sono i giovani che fin da bambini hanno studiato l'inglese, che hanno fatto la scuola delle tre I, che hanno avuto il 3+2, i master, gli workshop e gli stages. Sono i giovani che sono stati educati con l'idea che la formazione rende competitivi sul mercato e che ora non hanno un mercato in cui inserirsi impiegando le loro competenze. La prima generazione, dicono, che non migliorerà rispetto a quella precedente, la prima volta dal dopoguerra.
Traditi da tutte le riforme, da tutte le politiche, traditi e basta.
E' molto difficile parlare con i giovani senza parlare di futuro, è imbarazzante parlare con i giovani senza parlare di sogni, è difficile oggi parlare con i giovani e percepire il loro sgomento.
Capita che gli ex studenti mi vengano a trovare, capita di incontrarli per strada, con alcuni di loro ho mantenuto un rapporto di amicizia. Chi è più contento, chi più scontento, chi ha figli, chi no, alcuni sono liberi professionisti, altri sono precari...scrivo queste cose e ho in testa volti, situazioni, persone precise.
Da due o tre anni la situazione è cambiata, non solo per i miei studenti, anche per tanti altri studenti che conosco che hanno seguito diversi percorsi di formazione. La parola che mi viene in mente è sgomento.
Vengono e sono sgomenti: non c'è lavoro se non occasionale, non c'è possibilità di previsione. Qualcuno si chiede: rinunciare al sogno o perseverare? La crisi quanto durerà?
Se e quando la crisi finirà i giovani che non sono riusciti a dare continuità alle loro esperienze lavorative in questo periodo, avranno un buco nel curriculum e saranno svantaggiati rispetto ai nuovi laureati, freschi di studi. Se la crisi avrà una lunga durata sarà quasi una generazione ad essere danneggiata.
Sono i giovani che fin da bambini hanno studiato l'inglese, che hanno fatto la scuola delle tre I, che hanno avuto il 3+2, i master, gli workshop e gli stages. Sono i giovani che sono stati educati con l'idea che la formazione rende competitivi sul mercato e che ora non hanno un mercato in cui inserirsi impiegando le loro competenze. La prima generazione, dicono, che non migliorerà rispetto a quella precedente, la prima volta dal dopoguerra.
Traditi da tutte le riforme, da tutte le politiche, traditi e basta.
E' molto difficile parlare con i giovani senza parlare di futuro, è imbarazzante parlare con i giovani senza parlare di sogni, è difficile oggi parlare con i giovani e percepire il loro sgomento.
Iscriviti a:
Post (Atom)