mercoledì 11 novembre 2015

Eccomi, con un nuovo libro

Ho riletto tutti i post prima di rientrare in questo spazio, mi sono riconosciuta e allora mi sono detta: perché no?
Cose da raccontare ne ho tante, piano piano le sciorinerò.
La notizia è che pubblico un nuovo romanzo, uscirà il 29 marzo per Mondadori e si intitola Cara Jo.
Non posso dirvi altro, se lo cercate in rete trovate titolo, autore, editore, mese di uscita, perfino il prezzo ma la copertina ancora no, non è disponibile.

Jo, un nome che è già un indizio per provare a immaginare.

Vi terrò aggiornati.

domenica 7 luglio 2013

SAPORE DI SALE

Luglio è il mese del mare. Si va al mare anche ad Agosto e a Settembre e, non quest'anno, a Giugno. Però, Luglio è il mese che associo al mare, ai bagni subito fuori città. Alla fine degli anni '60 andavamo ai Bagni Europa, io, mia madre, mia sorella, la mia amica Gabriella, sua zia, suo fratello, e suo padre che, paziente, faceva da autista a tutta la comitiva. Mangiavamo uova sode, albicocche, aspettavamo tre ore dal pranzo prima di fare il bagno, avevamo sandali di gomma colorata, ci tuffavamo dalla boa a piattaforma, cantavamo a le canzoni del Disco per l'Estate. Sapore di sale ho cominciato a cantarla qualche anno dopo, quando ho scoperto i cantautori. Sapore di sale, sapore di mare. Non ho pensato a cantarla alla mia bambina, trent'anni dopo, quando è arrivata dall'Etiopia. Era autunno, siamo andati in riva al mare, le abbiamo insegnato tante parole in italiano, quel giorno: mare, spiaggia, sassi, onda, barca, Non sale. Non le ho detto che l'acqua del mare è salata. Non è capitato nemmeno alla scuola materna, ha disegnato il mare, hanno parlato dell'estate ma nessuno le ha detto che l'acqua del mare è salata.
Arriva l'estate, fa caldo, non vedo l'ora di portarla al mare, di insegnarle a nuotare. Io, la mia amica Renata e i nostri bambini prendiamo un treno, scendiamo a Bogliasco. I bambini sono impazienti di buttarsi in acqua, è il primo bagno della stagione, forse si può perfino esprimere un desiderio.
I più grandi si spogliano veloci e corrono verso l'acqua, io trattengo Zene per infilarle i braccioli. Lei mi sfugge e corre dietro agli altri, si tuffano, si tuffa. Non la vedo più. Urlo e corro, io e Renata ci immergiamo, la afferriamo, lei scuote i riccioli. Ora piange, penso, si sarà spaventata, penso, non vorrà più vedere il mare, penso.
Zene apre gli occhi e la bocca : CHI HA MESSO IL SALE? chiede severa.

giovedì 27 giugno 2013

NUOVO ARRIVO

Tempo, uno spiraglio. Mi infilo in questo spiraglio e riprendo il blog. L'estate è la stagione del blog, almeno per me. E quindi anche per voi, pochi, che mi seguite. Spero non vi annoierete riprendendo a seguirmi, di certo non sono una blogger compulsiva, poco invadente concedetemelo. L'ultimo post è di sei mesi fa.
Un nuovo arrivo nella FAMIGLIA FEMMINILE PLURALE, è femmina, è cane, è nera, ora ha sei mesi, ne aveva tre quando è arrivata, si chiama Alix. E' una cucciola di Cao de Agua,
arriva da casa di un nostro amico portoghese, da una truppa di sette cuccioli ed è un personaggio, si è rapidamente conquistata un posto in famiglia. Scooby, un Golden retrivier di sette anni e Matisse, un gatto rosso di cinque - coppia consolidata di amici - hanno capito subito che la nuova arrivata non era di passaggio. E' bastato uno sguardo, ho avuto la chiara sensazioni di cogliere il loro sospiro rassegnato. Hanno provato a ignorarla per qualche giorno, lei li ha studiati con attenzione poi ha cominciato a esibirsi, a piroettare, a salutarli con entusiasmo, a cercare il loro calore. Scooby ha ceduto per primo- in fondo in fondo si resta sempre un po' cuccioli - ha ricominciato a giocare come sei anni e quindici chili fa. Matisse ha impiegato più tempo, ha avuto bisogno di studiare la situazione in prospettiva, da lontano, dall'alto, dall'angolo della sala e da quello della cucina, dall'albero del giardino e da sotto il divano. Finalmente, in possesso di tutte le informazioni e le misure necessarie, una sera ha proteso una zampa da sotto il divano per colpire con delicatezza una pallina di gomma che è arrivata precisa tra le zampe di Alix distesa poco distante. Signori, hanno inizio le danze! Tra cani ci si rotola come nella lotta greco-romana e tra cani e gatti si gioca a nascondino e a prendimi che poi ti prendo io. Per fortuna poi c'è un divano dove riposare tutti insieme.
I figli vanno e vengono, se ci sono non parlano d'altro che di andare via, il nido si svuota ma noi ci difendiamo riempiendo la cuccia. E complicandoci la vita.

domenica 23 dicembre 2012

Racconto n. 1

Ogni cosa al suo posto

Un soffitto con tracce antiche di un affresco, una grande finestra sul giardino quadrato del convento, alberi di limoni, un grande fico al centro. " Lo ha piantato un frate, durante la guerra, almeno così raccontano, è più probabile che sia nato spontaneamente, un seme negli escrementi rilasciati da un uccello di passaggio. La storia del frate è più romantica, è morto, dicono, poco dopo la guerra, era ancora giovane, non ha visto crescere il suo albero, era il frate giardiniere, un ragazzo che non aveva studiato, che era cresciuto in campagna e conosceva i segreti delle piante" la signora dell'agenzia immobiliare sorride, si capisce che la storia le piace ma è incredula, il piccione che evacua un seme di fico la convince di più. L'affitto non è esoso. " Non sanno che farsene di questa casa, sono ricchi, pieni di appartamenti, questo è sfitto da tanto tempo e non vogliono che si degradi, si sa, le case se non sono abitate vanno giù". " Io ci farei un ufficio, uno studio". " Sì, è possibile destinarlo anche a ufficio. Di cosa si occupa?". " Scrivo". " Ah, che bello, e cosa scrive?" chiede condiscendente, si capisce che è incuriosita ma che non crede che scrivere sia un lavoro. Ho la tentazione di risponderle che scrivo manuali di economia per l'università e osservare il cambiamento di espressione sul suo viso. Invece rispondo: " Scrivo romanzi". " Ah, che bello" dice senza cambiare espressione.
Passo il giorno dopo in agenzia a perfezionare il contratto e a prendere le chiavi. " Ho dimenticato di dirle che l'impianto elettrico è a norma di legge, lo avrà notato anche lei ma- fa un sorrisetto - si sa, gli scrittori pensano ad altro. A proposito mi scriva qui un titolo di un suo libro che magari lo compro e lo leggo, poi le dico se mi piace. Sa, io adoro la Mazzantini". Mi porge un post it giallo. " E' brava la Mazzantini - dico  mentre scrivo - però , se la adora, non credo che le piaceranno i miei libri". " E perchè?- assume un tono gentile - dicevo così per dire, certo è una scrittrice molto famosa, anche una bella donna, di Non ti muovere ho visto anche il film, mi è piaciuto meno forse perchè..."
" ...aveva già letto il libro" la anticipo. " Sì, è sempre così vero? Comunque ho pianto sul libro e sul film"dice compiaciuta.
Le tracce di affresco sono ali e vesti di angeli e macchie azzurre di un cielo che di sicuro un tempo regalava spazio e respiro alla grande stanza. " Sarebbe da restaurare - osserva il muratore venuto per decidere i pochi lavori che posso permettermi - io ho un amico, onesto, che fa questi interventi"
" Ma no - dico - lasciamolo così, non tocchiamo nulla, prima bisognerebbe informarsi se è sotto tutela, poi ci deve pensare il proprietario, al massimo chiedi al tuo amico se c'è qualche prodotto per fissare la traccia che è rimasta, per impedire che si sbricioli, però, certo, anche questo non dovrebbe essere un problema mio". " L'impianto elettrico è a norma, non lo tocchiamo - dice il muratore - cambiamo i sanitari del bagnetto e verifichiamo gli scarichi, mettiamo un piccolo scaldabagno elettrico e aggiusto questi gradini di ardesia altrimenti finisce che un giorno, magari che piove, entra e scivola, sono antichi ma bisogna sistemarli un po', anche questi ferri che sbarrano la porta sono pesanti, sicuri lo sono, guardi quanto entrano nel muro, però è meglio un altro sistema, come fa a spostare questi ferri ogni volta che ha bisogno di spalancare la porta? Pesano più di lei". Una settimana di lavori, l'ultimo giorno mi presento per pagare il muratore e prendere possesso dello studio. Mi aspetta, in piedi con le braccia conserte, prima ancora di salutarmi accenna con un movimento della testa, una leggera rotazione, a una mensola di ardesia, unico resto forse di una libreria. Un oggetto giallo roseo contrasta sul nero. " Guardi un po'" dice lui. Mi avvicino, osservo l'oggetto, lo prendo, è leggero, sta nel cavo della mia mano, è irregolare, ha una parte che sembra friabile ma al tatto è compatta e ruvida, per il resto è liscio, quasi levigato, ha una parte concava e una bombata, nell'insieme ricorda un frammento di una decorazione a volute. " Dove l'ha trovato? E' una decorazione, stucco, gesso?". "E' un osso" dice.
" Un osso? Ma no!" . " Le dico che è un osso. Cosa crede? Faccio il muratore ma a scuola ci sono andato e le ho viste le ossa umane nel laboratorio di scienze. E' un osso, per essere molto antico dovrebbe essere più calcificato però, magari è del Settecento o dell'Ottocento". Mi rigiro l'oggetto fra le mani, non glielo dico ma io ossa umane non ne ho mai viste, forse non ci andavo al laboratorio di scienze, non mi ricordo. " L'ho trovato mentre smuravo i ferri, ho dovuto rompere il muro e mi è rotolato ai piedi questo". " C'era altro?" . " Ah, io non lo so, ho riempito subito il buco, chiuso tutto, non ne voglio sapere" simula un brivido, non riesce a dissimulare un fondo superstizioso. Rido: " Sa cosa faccio, lo tengo qui come portafortuna dello studio, gli do anche un nome, lo chiamo Cirillo, però lo farò esaminare da un amico medico perché non sono convinta. Le telefonerò il risultato, vedremo chi ha ragione".
Quando arrivano i mobili, Cirillo finisce in un cassetto insieme a matite, penne e oggetti di cancelleria. Le ultime giornate di autunno mi aiutano ad addomesticare il nuovo spazio per la mia scrittura, cambio di continuo posto alla scrivania poi, finalmente, lo trovo, proprio sotto la grande finestra, voglio guardare il grande fico mentre scrivo, ora è spoglio, ritaglia il cielo con i rami, ha il colore freddo dell'inverno che si sente nell'aria. Mi impongo un orario da impiegata, incomincio a scrivere alle nove del mattino, esco dallo studio alle cinque del pomeriggio, ho allestito un piccolo angolo cottura e mi concedo un' ora e mezza di pausa per mangiare e leggere il giornale. Se non riesco a scrivere il romanzo che ho in testa con questa disciplina, penso, non ci riesco più. Mi sono data un tempo, due anni, un investimento nell'affitto di uno spazio solo per scrivere, non più di due anni, se non succederà nulla abbandonerò il campo. Un pomeriggio, una pioggia torrenziale mi blocca in studio dopo le cinque, in attesa di andar via controllo la posta, mi rilasso navigando in Internet. D'improvviso un colpo, penso a un fulmine, uno spostamento d'aria, la luce va via e un odore di bruciato mi aggredisce le narici. Mi alzo di scatto, con la torcia del cellulare mi avvicino alla nicchia del contatore, è spento, è spento anche il salvavita, premo tutte le leve che rispondono molli alla mia pressione. L'odore di bruciato in quel punto è più intenso, non c'è dubbio che sia un cortocircuito. Ispeziono il muro intorno e in alto, tra la nicchia del contatore e la porta d'ingresso vedo una larga macchia nera intorno a una guaina che riveste fili elettrici. Apro la porta, esco nella luce del pianerottolo, suono a un vicino. " Scusi, nel mio studio ci dev'essere un cortocircuito, c'è odore di bruciato, si sente anche da qui, cosa faccio?Chiamo i vigili del fuoco? - chiedo a chi mi ha aperto, un signore di circa cinquant'anni che mi sembra abbia l'aria quasi pentita di aver aperto.  " Vengo a vedere" dice, accostandosi la porta alle spalle. Entra, osserva la macchia poi dice: " Non c'è bisogno, il salvavita ha retto, i fili riguardano l'Enel perché sono prima del contatore, bisogna chiamare il loro pronto intervento, è capitato anche a me una volta, magari impiegano un po' ma vengono". Chiamo, aspetto un'ora, arrivano. I fili si sono polverizzati, un'altra ora per un allaccio provvisorio. Mi spiegano qualcosa che capisco poco, comunque la luce torna, il mio computer con tutto il lavoro è intatto, loro torneranno, mi basta.
Racconto a Pier del nuovo studio, dell'osso Cirillo e del cortocircuito, avventure di una scrittrice. " Non ci credo che tu l'abbia chiamato Cirillo pensando che ti porti fortuna". " Perche?". " Cirillo?! Il nemico di Ipazia, il distruttore della biblioteca di Alessandria ! ". Rido però mi impressiona.
Passo dall'agenzia : " Buongiorno, pensavo alla storia del frate e del fico, sa per caso come si chiamava il frate?" . La signora dell'agenzia sorride complice " Mi vuol rubare la storia eh? Vuole metterla nel suo romanzo. Mi dispiace ma non lo so però la storia me l'ha raccontata il sacrestano del convento, chieda a lui, si chiama Genio". Cerco Genio, un uomo vecchio, molto curvo che, a passi lenti, mi accompagna nel giardino quadrato, dall'aiuola del fico vedo la mia finestra, noto che è la più grande e alta su quel lato del palazzo che segna un tratto di perimetro del giardino. " I primi due piani erano tutti del convento - spiega Genio - poi, dopo la guerra, dopo i bombardamenti, quando si è cominciato a ricostruire, c'è stato un parroco che ha ceduto degli spazi come abitazioni per gente che casa non ne aveva più, a poco a poco sono stati inglobati nei palazzi" . " Quella è la finestra del mio studio, l'ho preso in affitto da neanche  un mese, c'è pure un soffitto con i resti di un affresco, cos'era, lo sa?". " Quella stanza, insieme ad altre vicine che forse ora fanno parte di altri appartamenti, era la biblioteca del convento, i libri sono andati persi quasi tutti, col bombardamento. Anche questo giardino era pieno di macerie, c'è voluta tutta la tenacia di quel frate di campagna, lo ha fatto rinascere. Come ultimo gesto ha piantato il fico ma non l'ha visto crescere, dopo meno di un anno si è morto sa di una di quelle influenze che c'erano una volta e uccidevano, però il giardino continua a vivere." Facciamo un lento giro del giardino, prima di andarmene gli chiedo. " Come si chiamava il frate?". " Frate Agostino, era un uomo semplice, senza istruzione,si era scelto un nome importante e aveva fatto bene perché era senza istruzione, non senza cultura".
Domenica pomeriggio, Pier con uno scalpello rompe il muro vicino alla porta, poco sotto la macchia di bruciato, io sono pronta con cazzuola e cemento. Una piccola nicchia accoglie l'osso che  solennemente, ad alta voce, rinomino Agostino, prima di richiudere con il cemento.
Io e Pier beviamo un bicchiere di vino rosso davanti alla finestra aperta, il freddo ci intirizzisce le dita ma il vino ci scalda. Un uccello zampetta da un ramo all'altro del fico.

domenica 2 settembre 2012

DIARIO D'AGOSTO 31

Trentuno agosto. Ultimo post ritardatario. Temo che da adesso in poi avrò meno tempo per questo blog.  Si torna a casa. L'ultimo giorno di Officina Letteraria ad Apricale sarà ricordato come il giorno dell'arcobaleno tra Apricale e Perinaldo, un arco trionfante che sembrava nascere dal Merdanzo, il fiume del Barone Rampante. La piazza di Apricale lucida di pioggia, tutti i membri della comunità di Officina corrono fuori dal portico e dal bar urlando di stupore e di gioia, con le macchine fotografiche, i cappellini da pioggia, le mantelle e gli ombrelli. E' l'immagine che mi porto a casa, insieme al brindisi per il compleanno di Paolo in biblioteca, alle lacrime di Olimpia, alla cena sotto il portico della Ciassa, stretti stretti perchè da dodici siamo diventati venti, ventuno, ventidue. Qualcuno si è arrampicato fin lassù, ha affrontato i tornanti con la macchina o con la corriera, come Giulia, per riunirsi alla comunità anche solo una sera, quella del reading. Dieci racconti, era la missione del gruppo e alla fine eccoli, da 4000 a 9000   battute spazi inclusi, scritti, rivisti e stampati, letti dagli autori o dalla voce sapiente e roca di Bruno Cereseto. Piove, fa freddo, rinunciamo alla piazza, scegliamo l'Atelier, anche qui stretti, tutti insieme, un po' di apricalesi e gli amici che sono venuti ad ascoltare, i bambini e Andreas, Charlie, Gabriele, Adriano, Roberta, il piccolo Arturo protagonista di un racconto. Mentre il diavolo di Apricale, incontrato da Clara, se la ride e si lascia cullare dal blues di Mauro e Giulia, Isidora riappare al suo amato, un gufo racconta una storia di templari, il saltimbanco torna a cercare Nina, una donna compra una casa e decide di fermarsi per sempre, un'altra scopre il luogo delle mimose e dimentica il fidanzato,una giapponese ritarda il ritorno, un ulivo ricorda un uomo che andava per mare, i gatti parlano- come lo Stregatto, i gatti di Apricale parlano - e temendo d'essere deportati si nascondono in un posto che solo un bambino conosce.
Storie di Apricale, storie ad Apricale.

giovedì 30 agosto 2012

DIARIO D'AGOSTO 29 & 30

Ventinove e trenta agosto. Alla luna manca un frammento, ci avviciniamo al plenilunio. In queste notti la piazza di Apricale invita alla jam session, le chitarre passano di mano in mano, salta fuori un'armonica, chi ascolta lo fa con tutto il corpo, mi aspetto che qualcuno non resista e si alzi per ballare, forse accadrà per il plenilunio. Giornate noir, il laboratorio di Officina è condotto da Bruno Morchio, anche chi non ama il genere si cimenta e lo fa con onore. Pomeriggi alla Perec, esauriamo il luogo dai nostri punti di osservazione, registriamo i micro avvenimenti: un casco giallo posato su un tavolino, signora in beige che scende in piazza e passa davanti all'oratorio di San Bartolomeo, cane nero al guinzaglio, uomo con la macchina fotografica, l'ape verde della spazzatura, vecchio con cappellino e bastone, bambini che si consultano intorno a una pozzanghera, giovane donna incinta seduta sulla panchina di pietra a lato della porta del Municipio. Esauriamo il luogo per impadronircene e portarlo via ora che siamo quasi alla fine delle ferie. Sere leggermente alcoliche, il bianco della Ciassa è fresco e gradevole, scopriamo che è un moscato portato al termine della fermentazione, informazione che arricchisce la nostra cultura ma non fondamentale. Il bianco va giù che è un piacere, questo basta.


mercoledì 29 agosto 2012

DIARIO D'AGOSTO 27 & 28

Ventisette e Ventotto agosto. Arrivati. Sono dieci, sono i corsisti di Officina Letteraria. Sono in paese da due giorni e già il paese ne parla. Ognuno di loro è stato abbinato a un apricalese che lo aiuti a entrare nella storia, nello spirito del luogo, che lo avvicini ad una esperienza di vita. Si incontrano al bar della Ciassa e parlano davanti a un caffè o a un bicchiere di bianco, vanno in visita in casa e parlano servendosi di un biscotto e un dito di liquore, sfogliano album di fotografie, scoprono orti e serre, frasi incise nella pietra, soprattutto ascoltano storie.
Claudia e io, da oggi anche Bruno. La biblioteca è la nostra officina ad Apricale, leggiamo, smontiamo testi, scriviamo, fantastichiamo e ci misuriamo con una disciplina che, giorno dopo giorno, ci porterà a un racconto, una storia nata qui.
Come nascono le storie? Al tavolino vicino a noi una coppia di tedeschi legge, studia, osserva il paesaggio in silenzio, lui è magro e gentile, lei sorride ma spesso è assorta ed è androgina, elegante, bella. Ci sembra che scriva parole e note su un foglio e canticchi tra sé, sarà una cantante, pensiamo, lui forse il suo impresario. fidanzati o amanti. Lei si gira e sorride, ci saluta, si accorge che la osserviamo. Claudia le scatta una foto. La sera nell'Atelier si canta il blues, la ragazza che parla con i muri e l'uomo scanner si trasformano in un duo affiatato e raffinato, la chitarra passa di mano in mano, un ragazzo suona musica calda del sud, una giovane studiosa polacca canta con accento calabrese e poi in perfetto francese, cantiamo tutti De Andrè, lui ci accompagnerà sempre. Renato, che non è uno scrittore e preferisce la realtà all'immaginazione, attacca discorso con i due tedeschi, fa amicizia e il romanzo finisce: sono due graphic designer di Berlino, lui è anche chitarrista e si sforza di parlare italiano. Non so come sia accaduto ma, ad un certo punto, cantiamo tutti insieme e cantiamo l' Internazionale. I due tedeschi cantano a squarciagola, qualcuno canta con il pugno alzato. Serata blues ad Apricale.