domenica 1 maggio 2011

S come SOGNO e come SGOMENTO

Insegno da ventisei anni. Lavorare con i giovani, per i giovani è un privilegio perchè si semina sapendo che saranno loro a raccogliere e , quindi, il nostro lavoro vivrà ancora un po', nel futuro, perchè si ha la possibilità di essere a contatto con il cambiamento, i costumi e le mode, la famiglia e l'amore, le tecnologie, i sogni. Ecco...i sogni. In ventisei anni il sogno comune a tutti i giovani che ho conosciuto all'Accademia di Belle Arti era riuscire a fare un lavoro che appassiona e coinvolge, quello per cui si è studiato, quello per cui i genitori hanno investito del denaro, quello per cui si è lottato contro la famiglia che non capiva, quello per cui ci si è spostati da una cittadina di provincia o da un paese in città, quello per cui si è fatto il cameriere o la baby sitter o il bagnino per pagarsi la stanza fuori sede o comprarsi materiali e attrezzature....Non è facile nè così frequente realizzare i sogni e qualcuno finiva inevitabilmente per fare un altro mestiere, quello che capitava, con un sospiro di rimpianto certo ma con uno stipendio che consentiva di metter su casa, di far famiglia.
Capita che gli ex studenti mi vengano a trovare, capita di incontrarli per strada, con alcuni di loro ho mantenuto un rapporto di amicizia. Chi è più contento, chi più scontento, chi ha figli, chi no, alcuni sono liberi professionisti, altri sono precari...scrivo queste cose e ho in testa volti, situazioni, persone precise.
Da due o tre anni la situazione è cambiata, non solo per i miei studenti, anche per tanti altri studenti che conosco che hanno seguito diversi percorsi di formazione. La parola che mi viene in mente è sgomento.
Vengono e sono sgomenti: non c'è lavoro se non occasionale, non c'è possibilità di previsione. Qualcuno si chiede: rinunciare al sogno o perseverare? La crisi quanto durerà?
Se e quando la crisi finirà i giovani che non sono riusciti a dare continuità alle loro esperienze lavorative in questo periodo, avranno un buco nel curriculum e saranno svantaggiati rispetto ai nuovi laureati, freschi di studi. Se la crisi avrà una lunga durata sarà quasi una generazione ad essere danneggiata.
Sono i giovani che fin da bambini hanno studiato l'inglese, che hanno fatto la scuola delle tre I, che hanno avuto il 3+2, i master, gli workshop e gli stages. Sono i giovani che sono stati educati con l'idea che la formazione rende competitivi sul mercato e che ora non hanno un mercato in cui inserirsi impiegando le loro competenze. La prima generazione, dicono, che non migliorerà rispetto a quella precedente, la prima volta dal dopoguerra.
Traditi da tutte le riforme, da tutte le politiche, traditi e basta.
E' molto difficile parlare con i giovani senza parlare di futuro, è imbarazzante parlare con i giovani senza parlare di sogni, è difficile oggi parlare con i giovani e percepire il loro sgomento.

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