lunedì 20 agosto 2012

DIARIO D'AGOSTO 19

Diciannove agosto. Ad Apricale c'è l'Atelier con gli artisti, c'è una bella vetreria d'arte, per dieci giorni l'anno, in agosto, da più di vent'anni c'è il Teatro della Tosse. Non c'è altro, non ci sono i negozietti di bigiotteria artigiana, di ceramica, non c'è un negozio di abbigliamento, ci sono due Commestibili , non c'è un ferramenta, c'è la farmacia, non c'è una merceria, c'è un tabacchino con la rivendita di giornali dove puoi trovare anche un libro, un paio di calze, un souvenir, c'è un falegname che fabbrica allegre cassette della posta decorate da sua moglie Annalisa. Ad Apricale è d'obbligo l'auto o la moto, dicono,  se  serve qualcosa, se c'è un'emergenza, se si vuole andare un po' in giro l'auto serve.
Noi quest'anno siamo venuti senza auto, ci ha accompagnato un amico e al ritorno prenderemo la corriera e poi il treno. Viviamo liberi da esigenze, compriamo il giornale, compriamo da mangiare lo stretto indispensabile, abbiamo un po' di libri, un e-reader, un portatile e tanta buona musica. Niente televisione, ascoltiamo la radio. Nel paese vicino, se ne abbiamo voglia, andiamo con la corriera. Però la piazza di Apricale ci soddisfa e ci basta.
Gemma mi racconta che nel 1966 aveva sedici anni e lavorava in un laboratorio di maglieria a Camporosso, più di dieci ore al giorno, pagata un tanto al pezzo. Il laboratorio produceva venticinque pezzi al giorno. Una pausa per mangiare un pentolino di minestra della sera prima portato da casa, Andava e tornava con la corriera. Era la più brava, dice una sua amica che allora aveva quattordici anni,  le trecce, le greche, tutti i motivi più difficili li facevano fare a lei. Sì però, dice Gemma, non sono mai riuscita ad arrivare a guadagnare trentamila lire al mese come avrei voluto.
La piazza di Apricale mi soddisfa e mi basta.

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