venerdì 25 febbraio 2011

A come ACCOGLIENZA

Accoglienza.
Una parola usata, anche abusata eppure difficile da interpretare.
Il nordAfrica è infuocato, la gente fugge, si prefigura un esodo e l'Europa, l'Italia, in prima battuta, si devono misurare con il tema dell'accoglienza.
Ieri parlavo, insieme ad altri, con una donna coraggiosa della mia città, Genova, un'avvocatessa " di frontiera", Alessandra, che poneva con forza questo tema.
Pochi giorni fa ero ad una riunione del nuovo movimento delle donne e si faceva fatica a conciliare idee diverse sulle priorità: il lavoro, il corpo delle donne...., e sulle forme della protesta: palco sì, palco no, chi va sul palco, la D, la fiaccolata, i palloncini...... si arriverà, magari tra una o due riunioni, a un punto comune...
Però...pensavo ieri, in questa situazione, che bello se fossero le donne a " dettare" i modi e le forme dell'accoglienza: evitare le ghettizzazioni, le concentrazioni, accogliere sull'intero territorio, trovare spazi, disponibilità almeno per le prime emergenze. Più facile a dirsi che a farsi ma...se tutto è sempre più facile a dirsi che a farsi finisce che non si fa mai niente.
Donne avvocato, donne che sanno le lingue, donne nuove cittadine che sanno cosa accade e come si sente chi arriva, donne che si occupano di minori, donne che documentano, donne che scendono in piazza per dire che le donne vogliono esser parte di un paese che, a partire dalla parole accoglienza, sa come fare e fa con umanità. Forse sogno.

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