sabato 12 maggio 2012
Torino. Salone del libro.
Torino. Salone del libro. Il prossimo anno mi porto un trolley. Sono entrata, insieme a Claudia, con uno scopo preciso, una serie di incontri con gli scrittori che dall'autunno verranno a condurre i laboratori di Officina Letteraria. Con il mio e-reader in borsa, leggero contenitore dei primi cinquanta romanzi, avevo deciso; niente acquisti a meno di trovare un libro particolare, irreperibile a Genova, impensabile in formato digitale, irrinunciabile. Sono uscita con due borse, due ecoborse, tengo a precisare, una per spalla. Praticamente un mulo col basto. Nonostante il peso, se questi pensieri che sto buttando giù fossero consegnati a una pagina di diario, come quelli che scrivevo da bambina o al tema del lunedì mattina, scriverei: " Sono tornata a casa stanca ma felice". Stanca, a Torino c'erano trenta gradi, io non sono un soggetto programmato per le fiere, dopo un po' mi sento frastornata, incapace di concentrarmi, sballottata dal rumore, dalla immagini, dalla segnaletica. Felice, abbiamo incontrato persone belle, con storie da raccontare, persone capaci di lentezza, persone senza pretesa di avere risposte, con molte domande e con la capacità di non mascherare le emozioni. Non saranno tutti così, gli scrittori, ma quelli che abbiamo incontrato io e Claudia ieri lo sono. In questo periodo di crisi e di poche speranze, saranno i libri a salvarci? Non so. Di certo ci possono aiutare.
venerdì 2 marzo 2012
L'OFFICINA DELLA SCRITTURA
Un mese di Officina Letteraria. Io e Claudia ne abbiamo fatto una questione di principio: non si tratta di un corso ma di un laboratorio. Siamo d'accordo. Le parole docente, allievo, lezione sono al bando. Qualche volta ci sfuggono ma ci correggiamo subito, ci scusiamo perfino. Ogni settimana riceviamo i testi dei partecipanti via mail con qualche riga di accompagnamento: care Emilia e Claudia, care Claudia e Emilia e fin qui niente di strano, siamo noi. Qualcuno ha scritto: care teachers, altri, ironici, hanno cominciato a darci delle guru!
Ma noi come ci definiamo? si chiedevano ieri - allievi no, quindi, visto che è un'officina, operai, manovali...
Apprendisti ! Hanno deciso.
Apprendisti stregoni, ha detto Claudia. Non è andata tanto lontana da una verità: chi racconta storie è un po' stregone, per creare una storia qualche " potere" occorre averlo, il potere di trasformare, il potere di aggregare materia e dividerla, il potere di dar vita ad altri mondi e altre esistenze.
Nel nostro laboratorio siamo tutti apprendisti, anche noi, le teachersguru, in ogni storia che leggiamo e ascoltiamo, anche di poche righe, c'è sempre un orizzonte, più o meno vicino, più o meno lontano. Ecco, in ogni storia c'è un orizzonte cui tendere e non importa se l'orizzonte si sposta sempre un po' più in là. Ricominciare fa parte del lavoro dello scrittore.
Ma noi come ci definiamo? si chiedevano ieri - allievi no, quindi, visto che è un'officina, operai, manovali...
Apprendisti ! Hanno deciso.
Apprendisti stregoni, ha detto Claudia. Non è andata tanto lontana da una verità: chi racconta storie è un po' stregone, per creare una storia qualche " potere" occorre averlo, il potere di trasformare, il potere di aggregare materia e dividerla, il potere di dar vita ad altri mondi e altre esistenze.
Nel nostro laboratorio siamo tutti apprendisti, anche noi, le teachersguru, in ogni storia che leggiamo e ascoltiamo, anche di poche righe, c'è sempre un orizzonte, più o meno vicino, più o meno lontano. Ecco, in ogni storia c'è un orizzonte cui tendere e non importa se l'orizzonte si sposta sempre un po' più in là. Ricominciare fa parte del lavoro dello scrittore.
domenica 12 febbraio 2012
NON SONO UNA BLOGGER
Non sono una blogger. Guardate la data del mio ultimo post: 1 gennaio 2012.
Oggi è il 12 febbraio. Se il blog deve avere il ritmo del diario, decisamente non sono una blogger. La mia giornata è piena zeppa di cose: la famiglia, il lavoro all'Accademia, il lavoro per Officina Letteraria, le persone, gli animali, la scrittura e la lettura, la politica, Facebook...Poichè soffro di horror vacui ho anche aperto questo blog. Forse l'ho aperto anche per sperimentare un nuovo spazio. Per curiosità.
Penso al tempo sempre come a uno spazio perchè cerco di far stare molte cose nel tempo che mi è concesso. Il mio tempo però è una casa troppo piccola.
Aprire un blog è stato come mettere uno scrittoio in un angolino immaginando di potersi appartare, in qualsiasi momento, invece me lo dimentico oppure lo guardo e penso: "adesso mi ci metto", intanto vago per gli altri spazi pensando a cosa posare su quel piccolo scrittoio nell'angolino.
Abitare gli spazi e abitare il tempo. Abitare è possibile solo scegliendo cosa tenere e cosa buttare, cosa è importante e cosa no, cosa ci somiglia e cosa non ci serve. Vale per lo spazio e anche per il tempo.
Sembra facile.
Il blog? Per ora lo tengo.
Oggi è il 12 febbraio. Se il blog deve avere il ritmo del diario, decisamente non sono una blogger. La mia giornata è piena zeppa di cose: la famiglia, il lavoro all'Accademia, il lavoro per Officina Letteraria, le persone, gli animali, la scrittura e la lettura, la politica, Facebook...Poichè soffro di horror vacui ho anche aperto questo blog. Forse l'ho aperto anche per sperimentare un nuovo spazio. Per curiosità.
Penso al tempo sempre come a uno spazio perchè cerco di far stare molte cose nel tempo che mi è concesso. Il mio tempo però è una casa troppo piccola.
Aprire un blog è stato come mettere uno scrittoio in un angolino immaginando di potersi appartare, in qualsiasi momento, invece me lo dimentico oppure lo guardo e penso: "adesso mi ci metto", intanto vago per gli altri spazi pensando a cosa posare su quel piccolo scrittoio nell'angolino.
Abitare gli spazi e abitare il tempo. Abitare è possibile solo scegliendo cosa tenere e cosa buttare, cosa è importante e cosa no, cosa ci somiglia e cosa non ci serve. Vale per lo spazio e anche per il tempo.
Sembra facile.
Il blog? Per ora lo tengo.
domenica 1 gennaio 2012
2012
Il 2011 per me resterà l'anno del viaggio in Etiopia, del mio secondo libro e dell'antologia che mi ha offerto l'opportunità di conoscere un gruppo straordinario di scrittrici e giornaliste, l'anno dello spettacolo Madri clandestine, l'anno del rifugio ad Apricale per scrivere e pensare al riparo di un paese medievale e di una comunità accogliente, l'anno delle dimissioni di Berlusconi e della consapevolezza della grande crisi, l'anno del "Se non ora quando". L'anno della morte di un amico e di un'amica...
Un anno pieno di avvenimenti, di persone, di sentimenti, di dolori, di speranze e di delusioni, un anno come tutti gli altri ma con la sua diversità, come ogni anno, come il 2012 appena incominciato.
Volevo compilare una lista di propositi per il 2012, pensavo di scriverne 12, una per mese, sono arrivata a tre e...ho cambiato idea. Mi è venuta in mente un'esperienza di tanti anni fa: prima seduta da una psicoanalista, parlo, parlo, parlo. Lei, alla fine, stabilisce il secondo appuntamento nel quale definire il tipo di lavoro. Torno ansiosa di sapere e lei mi dice : " andiamo avanti così...senza progetto". Senza progetto? Mi spiazza. Come faccio a tenere tutto sotto controllo se non ho un progetto?
In quell'anno di sedute ho imparato molto, mi sono lasciata sorprendere, ho reagito, ho riso e ho pianto.
Farò così anche con il 2012, parto con una idea appena abbozzata e strada facendo si vedrà.
Buon anno a tutti.
Un anno pieno di avvenimenti, di persone, di sentimenti, di dolori, di speranze e di delusioni, un anno come tutti gli altri ma con la sua diversità, come ogni anno, come il 2012 appena incominciato.
Volevo compilare una lista di propositi per il 2012, pensavo di scriverne 12, una per mese, sono arrivata a tre e...ho cambiato idea. Mi è venuta in mente un'esperienza di tanti anni fa: prima seduta da una psicoanalista, parlo, parlo, parlo. Lei, alla fine, stabilisce il secondo appuntamento nel quale definire il tipo di lavoro. Torno ansiosa di sapere e lei mi dice : " andiamo avanti così...senza progetto". Senza progetto? Mi spiazza. Come faccio a tenere tutto sotto controllo se non ho un progetto?
In quell'anno di sedute ho imparato molto, mi sono lasciata sorprendere, ho reagito, ho riso e ho pianto.
Farò così anche con il 2012, parto con una idea appena abbozzata e strada facendo si vedrà.
Buon anno a tutti.
martedì 27 dicembre 2011
Il sapore dei ravioli
Quest'anno ho fatto i ravioli. Rigorosamente fabbricati in casa con la ricetta genovese e il sugo di tocco.
600. Sì, 600, ore di lavoro con il conforto e anche l'aiuto di Renato, mio marito, e Zene, mia figlia. Mia figlia ha dato un contributo più significativo di mio marito, una mano istintivamente più svelta e decisa.
600. L'ho scritto su Facebook dando il via a una serie di commenti, chi ne ha fatti 650, chi ha una mamma che ai tempi d'oro ne faceva addirittura 1000, chi vorrebbe farli ma non ha tempo, chi scrive: una bella tradizione. E' la parola che ho usato portandoli in tavola in un grande piatto ovale: si continua la tradizione.
Mia mamma li ha sempre fatti ma da quest'anno si è lasciata convincere a passare il testimone, i miei figli sono contenti perchè i ravioli comprati si mangiano anche in altri momenti dell'anno ma i ravioli fatti in casa sono il piatto di Natale. Non hanno fatto commenti, non ho chiesto nulla perchè la risposta la conosco: buoni però...quelli della nonna....Un po' me lo fanno apposta con tutto quello che cucino, un po' è vero, mia madre è una cuoca straordinaria.
Una volta Andrea, il più grande, avrà avuto quattordici o quindici anni, dopo aver trascorso un pomeriggio di chiacchiere con i suoi amici mi ha detto: " Sai, oggi, ci chiedevamo come mai le nonne cucinano sempre meglio delle mamme?".
Ho tentato di fornire qualche spiegazione: le mamme lavorano e vanno di fretta, le nonne hanno più tempo, le nonne cuociono a fuoco lento che è uno dei segreti di una buona cucina, le nonne curano le tradizioni...Penso alle mie nonne e ai piatti che associo al loro ricordo. La nonna genovese a Natale preparava i pandolci da regalare a tutti i parenti e li portava a cuocere nel forno sotto casa perchè lei aveva una cucina vecchia con il ronfò, senza forno. La nonna pugliese preparava una torta salata, lei la chiamava pizza rustica con due strati di sfoglia e, in mezzo, cipolle, acciughe, olive nere prima saltate in padella. Più o meno. Non so se cucinassero bene, so che il pandolce e la pizza rustica avevano un sapore particolare reso ricco dalle storie che raccontavano facendolo, dalla spiegazione della ricetta, dai semplici gesti di preparazione che seguivo pregustando il momento dell'assaggio.
Un sapore speciale. Come i ravioli di mia madre per i miei figli. Dovrò attendere ancora un po' prima che i miei ravioli entrino nell'immaginazione di un bambino e assumano quello speciale sapore.
Nell'attesa mi esercito. Il prossimo anno li farò di nuovo.
600. Sì, 600, ore di lavoro con il conforto e anche l'aiuto di Renato, mio marito, e Zene, mia figlia. Mia figlia ha dato un contributo più significativo di mio marito, una mano istintivamente più svelta e decisa.
600. L'ho scritto su Facebook dando il via a una serie di commenti, chi ne ha fatti 650, chi ha una mamma che ai tempi d'oro ne faceva addirittura 1000, chi vorrebbe farli ma non ha tempo, chi scrive: una bella tradizione. E' la parola che ho usato portandoli in tavola in un grande piatto ovale: si continua la tradizione.
Mia mamma li ha sempre fatti ma da quest'anno si è lasciata convincere a passare il testimone, i miei figli sono contenti perchè i ravioli comprati si mangiano anche in altri momenti dell'anno ma i ravioli fatti in casa sono il piatto di Natale. Non hanno fatto commenti, non ho chiesto nulla perchè la risposta la conosco: buoni però...quelli della nonna....Un po' me lo fanno apposta con tutto quello che cucino, un po' è vero, mia madre è una cuoca straordinaria.
Una volta Andrea, il più grande, avrà avuto quattordici o quindici anni, dopo aver trascorso un pomeriggio di chiacchiere con i suoi amici mi ha detto: " Sai, oggi, ci chiedevamo come mai le nonne cucinano sempre meglio delle mamme?".
Ho tentato di fornire qualche spiegazione: le mamme lavorano e vanno di fretta, le nonne hanno più tempo, le nonne cuociono a fuoco lento che è uno dei segreti di una buona cucina, le nonne curano le tradizioni...Penso alle mie nonne e ai piatti che associo al loro ricordo. La nonna genovese a Natale preparava i pandolci da regalare a tutti i parenti e li portava a cuocere nel forno sotto casa perchè lei aveva una cucina vecchia con il ronfò, senza forno. La nonna pugliese preparava una torta salata, lei la chiamava pizza rustica con due strati di sfoglia e, in mezzo, cipolle, acciughe, olive nere prima saltate in padella. Più o meno. Non so se cucinassero bene, so che il pandolce e la pizza rustica avevano un sapore particolare reso ricco dalle storie che raccontavano facendolo, dalla spiegazione della ricetta, dai semplici gesti di preparazione che seguivo pregustando il momento dell'assaggio.
Un sapore speciale. Come i ravioli di mia madre per i miei figli. Dovrò attendere ancora un po' prima che i miei ravioli entrino nell'immaginazione di un bambino e assumano quello speciale sapore.
Nell'attesa mi esercito. Il prossimo anno li farò di nuovo.
lunedì 12 dicembre 2011
OFFICINA LETTERARIA
OFFICINA LETTERARIA è un laboratorio di Scrittura creativa che si terrà dal 2 febbraio al 19 aprile, una volta la settimana al Centro Polivalente Sivori a Genova.
Scrittura creativa, scrittura attiva, scrittura collettiva, scrittura personale, scrittura industriale collettiva....La scrittura è pratica, desiderio, aspirazione, sogno, esercizio, la scrittura è nella vita di tante persone.
Conosco una donna, un'artista, che da quarant'anni si alza alle cinque del mattino, quando la sua famiglia dorme, e nel silenzio della casa scrive un diario. Conosco un uomo che scrive giocose filastrocche per i compleanni, gli anniversari, i matrimoni delle persone a cui vuol bene. Conosco un signore che scrive la storia della sua famiglia in volumi che stampare e rilegare in quattro copie, tante quanti sono i suoi nipoti. C'è una ragazza che scrive romanzi e che, al cinema o a teatro, si alza e esce per appuntarsi un pensiero, un'idea prima che le sfugga. C'è un nonno che scrive le favole che inventa, c'è una donna che scrive le ricette su un quaderno, vicino a ogni ricetta c'è una piccola storia su come ne sia venuta a conoscenza, attraverso quali persone. Ci sono i poeti, che ci ricordano sempre che possiamo sorprenderci.
Il popolo degli scrittori è numeroso, c'è più gente che scrive che gente che legge, dicono. C'è chi pubblica, c'è chi non riesce a pubblicare, chi non sa da che parte cominciare per pubblicare, chi si autopubblica, chi paga per pubblicare, chi è frustrato perchè non pubblica. C'è anche una moltitudine di viaggiatori, di persone che vivono l'esperienza nomade della scrittura, che apprezzano la lentezza, che esplorano la scrittura in quanto spazio, che assecondano la scrittura come tempo. Tempo lento. Si scrive per vivere molte vite, si scrive per cercare di capire meglio la vita che si ha, si scrive per non perdere la memoria, si scrive per lasciare una traccia, si scrive per seguire altre tracce.
Scrittura creativa, scrittura attiva, scrittura collettiva, scrittura personale, scrittura industriale collettiva....La scrittura è pratica, desiderio, aspirazione, sogno, esercizio, la scrittura è nella vita di tante persone.
Conosco una donna, un'artista, che da quarant'anni si alza alle cinque del mattino, quando la sua famiglia dorme, e nel silenzio della casa scrive un diario. Conosco un uomo che scrive giocose filastrocche per i compleanni, gli anniversari, i matrimoni delle persone a cui vuol bene. Conosco un signore che scrive la storia della sua famiglia in volumi che stampare e rilegare in quattro copie, tante quanti sono i suoi nipoti. C'è una ragazza che scrive romanzi e che, al cinema o a teatro, si alza e esce per appuntarsi un pensiero, un'idea prima che le sfugga. C'è un nonno che scrive le favole che inventa, c'è una donna che scrive le ricette su un quaderno, vicino a ogni ricetta c'è una piccola storia su come ne sia venuta a conoscenza, attraverso quali persone. Ci sono i poeti, che ci ricordano sempre che possiamo sorprenderci.
Il popolo degli scrittori è numeroso, c'è più gente che scrive che gente che legge, dicono. C'è chi pubblica, c'è chi non riesce a pubblicare, chi non sa da che parte cominciare per pubblicare, chi si autopubblica, chi paga per pubblicare, chi è frustrato perchè non pubblica. C'è anche una moltitudine di viaggiatori, di persone che vivono l'esperienza nomade della scrittura, che apprezzano la lentezza, che esplorano la scrittura in quanto spazio, che assecondano la scrittura come tempo. Tempo lento. Si scrive per vivere molte vite, si scrive per cercare di capire meglio la vita che si ha, si scrive per non perdere la memoria, si scrive per lasciare una traccia, si scrive per seguire altre tracce.
martedì 6 dicembre 2011
NATALE SENZA REGALI
" Un Natale senza regali non è Natale!" lamentava Jo March all'inizio di Piccole donne, il romanzo di Louise May Alcott.
Mio figlio, dopo un anno dal suo arrivo dall'Etiopia, mi presentava una lista interminabile di richieste da fare a Babbo Natale. Gli dicevo, pedagogica, che non poteva chiedere così tanti regali perchè Babbo Natale doveva portarne a tutti i bambini del mondo. Ha riflettuto pochi minuti sulla strana teoria di distribuzione delle ricchezze che gli stavo propinando e mi ha detto: " Allora a me va sempre male. In Etiopia Babbo Natale non arrivava a portarci i regali e qui non posso chiedere tutti quelli che voglio perchè lui deve portarli anche agli altri". Già...
Babbo Natale non arriva in Etiopia e nemmeno in India e nemmeno in Cambogia e nemmeno nelle favelas brasiliane e non solo perchè è un'invenzione di un'altra cultura e una tradizione manipolata dalla società dei consumi.
Quest'anno nella mia famiglia allargata non ci sarà lo scambio dei regali. Invece dei regali abbiamo deciso di cominciare il sostegno a una bambina ( o bambino) etiope. Ci regaliamo una speranza.
La speranza in un mondo migliore, che era, in origine, il senso vero del Natale.
www.ciai.it
Mio figlio, dopo un anno dal suo arrivo dall'Etiopia, mi presentava una lista interminabile di richieste da fare a Babbo Natale. Gli dicevo, pedagogica, che non poteva chiedere così tanti regali perchè Babbo Natale doveva portarne a tutti i bambini del mondo. Ha riflettuto pochi minuti sulla strana teoria di distribuzione delle ricchezze che gli stavo propinando e mi ha detto: " Allora a me va sempre male. In Etiopia Babbo Natale non arrivava a portarci i regali e qui non posso chiedere tutti quelli che voglio perchè lui deve portarli anche agli altri". Già...
Babbo Natale non arriva in Etiopia e nemmeno in India e nemmeno in Cambogia e nemmeno nelle favelas brasiliane e non solo perchè è un'invenzione di un'altra cultura e una tradizione manipolata dalla società dei consumi.
Quest'anno nella mia famiglia allargata non ci sarà lo scambio dei regali. Invece dei regali abbiamo deciso di cominciare il sostegno a una bambina ( o bambino) etiope. Ci regaliamo una speranza.
La speranza in un mondo migliore, che era, in origine, il senso vero del Natale.
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