domenica 1 gennaio 2012

2012

Il 2011 per me resterà l'anno del viaggio in Etiopia, del mio secondo libro e dell'antologia che mi ha offerto l'opportunità di conoscere un gruppo straordinario di scrittrici e giornaliste, l'anno dello spettacolo Madri clandestine, l'anno del rifugio ad Apricale per scrivere e pensare al riparo di un paese medievale e di una comunità accogliente, l'anno delle dimissioni di Berlusconi e della consapevolezza della grande crisi, l'anno del "Se non ora quando". L'anno della morte di un amico e di un'amica...
Un anno pieno di avvenimenti, di persone, di sentimenti, di dolori, di speranze e di delusioni, un anno come tutti gli altri ma con la sua diversità, come ogni anno, come il 2012 appena incominciato.
Volevo compilare una lista di propositi per il 2012, pensavo di scriverne 12, una per mese, sono arrivata a tre e...ho cambiato idea. Mi è venuta in mente un'esperienza di tanti anni fa: prima seduta da una psicoanalista, parlo, parlo, parlo. Lei, alla fine, stabilisce il secondo appuntamento nel quale definire il tipo di lavoro. Torno ansiosa di sapere e lei mi dice : " andiamo avanti così...senza progetto". Senza progetto? Mi spiazza. Come faccio a tenere tutto sotto controllo se non ho un progetto?
In quell'anno di sedute ho imparato molto, mi sono lasciata sorprendere, ho reagito, ho riso e ho pianto.
Farò così anche con il 2012, parto con una idea appena abbozzata e strada facendo si vedrà.
Buon anno a tutti.

martedì 27 dicembre 2011

Il sapore dei ravioli

Quest'anno ho fatto i ravioli. Rigorosamente fabbricati in casa con la ricetta genovese e il sugo di tocco.
600. Sì, 600, ore di lavoro con il conforto e anche l'aiuto di Renato, mio marito, e Zene, mia figlia. Mia figlia ha dato un contributo più significativo di mio marito, una mano istintivamente più svelta e decisa.
600. L'ho scritto su Facebook dando il via a una serie di commenti, chi ne ha fatti 650, chi ha una mamma che ai tempi d'oro ne faceva addirittura 1000, chi vorrebbe farli ma non ha tempo, chi scrive: una bella tradizione. E' la parola che ho usato portandoli in tavola in un grande piatto ovale: si continua la tradizione.
Mia mamma li ha sempre fatti ma da quest'anno si è lasciata convincere a passare il testimone, i miei figli sono contenti perchè i ravioli comprati si mangiano anche in altri momenti dell'anno ma i ravioli fatti in casa sono il piatto di Natale. Non hanno fatto commenti, non ho chiesto nulla perchè la risposta la conosco: buoni però...quelli della nonna....Un po' me lo fanno apposta con tutto quello che cucino, un po' è vero, mia madre è una cuoca straordinaria.
Una volta Andrea, il più grande, avrà avuto quattordici o quindici anni, dopo aver trascorso un pomeriggio di chiacchiere con i suoi amici mi ha detto: " Sai, oggi, ci chiedevamo come mai le nonne cucinano sempre meglio delle mamme?".
Ho tentato di fornire qualche spiegazione: le mamme lavorano e vanno di fretta, le nonne hanno più tempo, le nonne cuociono a fuoco lento che è uno dei segreti di una buona cucina, le nonne curano le tradizioni...Penso alle mie nonne e ai piatti che associo al loro ricordo. La nonna genovese a Natale preparava i pandolci da regalare a tutti i parenti e li portava a cuocere nel forno sotto casa perchè lei aveva una cucina vecchia con il ronfò, senza forno. La nonna pugliese preparava una torta salata, lei la chiamava pizza rustica con due strati di sfoglia e, in mezzo, cipolle, acciughe, olive nere prima saltate in padella. Più o meno. Non so se cucinassero bene, so che il pandolce e la pizza rustica avevano un sapore particolare reso ricco dalle storie che raccontavano facendolo, dalla spiegazione della ricetta, dai semplici gesti di preparazione che seguivo pregustando il momento dell'assaggio.
Un sapore speciale. Come i ravioli di mia madre per i miei figli. Dovrò attendere ancora un po' prima che i miei ravioli entrino nell'immaginazione di un bambino e assumano quello speciale sapore.
Nell'attesa mi esercito. Il prossimo anno li farò di nuovo.

lunedì 12 dicembre 2011

OFFICINA LETTERARIA

OFFICINA LETTERARIA è un laboratorio di Scrittura creativa che si terrà dal 2 febbraio al 19 aprile, una volta la settimana al Centro Polivalente Sivori a Genova.
Scrittura creativa, scrittura attiva, scrittura collettiva, scrittura personale, scrittura industriale collettiva....La scrittura è pratica, desiderio, aspirazione, sogno, esercizio, la scrittura  è  nella vita di tante persone.
Conosco una donna, un'artista,  che da quarant'anni si alza alle cinque del mattino, quando la sua famiglia dorme, e nel silenzio della casa scrive un diario. Conosco un uomo che scrive giocose filastrocche per i compleanni, gli anniversari, i matrimoni delle persone a cui vuol bene. Conosco un signore che scrive la storia della sua famiglia in volumi che stampare e rilegare in quattro copie, tante quanti sono i suoi nipoti. C'è una ragazza che scrive romanzi e che, al cinema o a teatro, si alza e esce per appuntarsi un pensiero, un'idea prima che le sfugga. C'è un nonno che scrive le favole che inventa, c'è una donna che scrive le ricette su un quaderno, vicino a ogni ricetta c'è una piccola storia su come ne sia venuta a conoscenza, attraverso quali persone. Ci sono i poeti, che ci ricordano sempre che possiamo sorprenderci.
Il popolo degli scrittori è numeroso, c'è più gente che scrive che gente che legge, dicono. C'è chi pubblica, c'è chi non riesce a pubblicare, chi non sa da che parte cominciare per pubblicare, chi si autopubblica, chi paga per pubblicare, chi è frustrato perchè non pubblica. C'è anche una moltitudine di viaggiatori, di persone che vivono l'esperienza nomade della scrittura, che apprezzano la lentezza, che esplorano la scrittura in quanto spazio, che assecondano la scrittura come tempo. Tempo lento. Si scrive per vivere molte vite, si scrive per cercare di capire meglio la vita che si ha, si scrive per non perdere la memoria, si scrive per lasciare una traccia, si scrive per seguire altre tracce.

martedì 6 dicembre 2011

NATALE SENZA REGALI

" Un Natale senza regali non è Natale!" lamentava Jo March all'inizio di Piccole donne, il romanzo di Louise May Alcott.
Mio figlio, dopo un anno dal suo arrivo dall'Etiopia, mi presentava una lista interminabile di richieste da fare a Babbo Natale. Gli dicevo, pedagogica, che non poteva chiedere così tanti regali perchè Babbo Natale doveva portarne a tutti i bambini del mondo. Ha riflettuto pochi minuti sulla strana teoria di distribuzione delle ricchezze che gli stavo propinando e mi ha detto: " Allora a me va sempre male. In Etiopia Babbo Natale non arrivava a portarci i regali e qui non posso chiedere tutti quelli che voglio perchè lui deve portarli anche agli altri". Già...
Babbo Natale non arriva in Etiopia e nemmeno in India e nemmeno in Cambogia e nemmeno nelle favelas brasiliane e non solo perchè è un'invenzione di un'altra cultura e una tradizione manipolata dalla società dei consumi.
Quest'anno nella mia famiglia allargata non ci sarà lo scambio dei regali. Invece dei regali abbiamo deciso di cominciare il sostegno a una bambina ( o bambino) etiope. Ci regaliamo una speranza.
La speranza in un mondo migliore, che era, in origine, il senso vero del Natale.
www.ciai.it

mercoledì 30 novembre 2011

TRE SEDIE

Tre sedie nell'immagine di questo blog. E' un'immagine che ho inserito da qualche tempo, una fotografia che ho scattato in Etiopia, ad Arba Minch.
Arba Minch è una città nella parte meridionale dell'Etiopia, il nome significa Quaranta sorgenti, la ricchezza della zona è - sembra incredibile pensando alla siccità che sovente affligge il corno d'Africa - l'acqua. Io e i miei compagni di viaggio dormivamo in un lodge con un giardino di banani e di bouganvillee giganti,  abitato da uccelli e visitato , il mattino molto presto, dai babbuini. Protetti dal giardino non si aveva la sensazione di essere in alto ma seguendo un viottolo di terra rossa si sbucava su....l'orlo del mondo! Davanti a noi i laghi Chamo e Abaya e il ponte di terra che li collega e che si chiama Ponte di Dio. Intorno ai laghi il verde intenso di una natura rigogliosa e oltre i laghi gli orizzonti azzurrini di altri altipiani. Come non pensare all'Africa terra madre, come non pensare all'infinitamente grande e all'infinitamente piccolo, alla ricchezza che noi, genere umano, stiamo dilapidando? Tre sedie sull'orlo del mondo erano un invito alla meditazione e alla contemplazione.
"A casa mia avevo tre sedie: una per la solitudine, due per l'amicizia, tre per la società" ( Henry David Thoreau).

giovedì 24 novembre 2011

DANNATO SILENZIO

http://www.youtube.com/watch?v=pINm1OjdEAQ

il silenzio delle donne che subiscono violenza
il silenzio delle persone che vivono vicino alle donne che subiscono violenza
il silenzio dei testimoni
il silenzio delle istituzioni
il silenzio della politica
il silenzio....il silenzio....il silenzio...DANNATO SILENZIO

Ho partecipato alla realizzazione del video DANNATO SILENZIO che è da alcuni giorni su Youtube ed è stato prodotto dalla Fondazione Cultura e da Genova Città digitale, ideato da un gruppo di persone tra le quali Nicla Vassallo, Gianni Ansaldi e Mario Benvenuto.
Ho partecipato insieme a mia figlia e alla figlia di mio marito, orgogliosa di essere con loro perchè di donna in donna, passandoci questo messaggio, questa indignazione, questa volontà forse riusciremo a costruire un futuro migliore anche su questo tema.
Guardate il video, diffondetelo e domani  ( ma non solo domani...) pensateci!

domenica 13 novembre 2011

S come SOBRIETA'

Ora ci aspettiamo che il governo dei tecnici sia in grado di tirarci fuori dai guai. Ci aspettiamo di dover fare dei sacrifici perchè salvatori della patria non ce ne sono, il paese lo possiamo salvare tutti insieme, questo lo dovremmo sapere.
In gioco c'è la serenità di tutti, la sopravvivenza di molti, il futuro dei giovani.
In gioco c'è la credibilità dell'Italia e, a questo proposito, spero che la transizione serva per recuperare il rapporto con la parola sobrietà.
Sobrietà nella politica, nei consumi, nel linguaggio, nei comportamenti.
Quasi vent'anni di accumulo di tivù spazzatura, di politica spazzatura, di leggi ad personam, di conflitti di interessi, di mortificazione dell'immagine della donna, di danni alle nuove generazioni, alla scuola, alla cultura, ai più deboli. Vent'anni sono sufficienti per una metamorfosi, per un cambiamento profondo, per un'impronta visibile. Ce ne vorranno altri venti? Cominciamo a lavorarci, buttiamo via piano piano dalle nostre teste, dalle nostre case, dalle nostre abitudini di vita, dal nostro linguaggio, dalle nostre scelte tutto quello che vi è stato introdotto. Certo qualcuno di noi ha resistito, chi più, chi meno, qualcuno è stato consapevole, qualcuno è stato sempre contro. Però...cerchiamo, proviamoci lo stesso, qualcosa da buttare via lo troveremo anche noi. Sarà un sollievo.
Il sollievo della sobrietà.